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In morte dell’ RcAuto come la conosciamo

In molti libri di fantascienza degli anni 70 in cui si rappresentavano gli anni attorno al 2020 si possono trovare computer senzienti dotati di personalità e uomini che guidano auto futuristiche; il punto interessante è proprio questo, negli anni 70 si immaginava di essere ad un passo dallo sviluppo di intelligenze artificiali ma quando si prefigurava la futura mobilità si relegava l’idea di “avanzamento tecnologico” dei veicoli alle prestazioni e non ai sistemi di autoguida; a distanza di 40 anni rileviamo come fossimo troppo ottimisti riguardo la possibilità di implementare intelligenze artificiali sui computer e al contrario fossimo infinitamente pessimisti sulla capacità dei mezzi di trasporto di “prendere decisioni” autonome; in questo senso siamo stati spiazzati e quella che pareva una tecnologia lontana a venire si è dimostrata accessibile tanto da prefigurarsi come una modalità di massa nell’arco di qualche decennio da oggi.

Le implicazioni di questa rivoluzione prossima per i legislatori e gli assicuratori sono molte e non tutte immediatamente evidenti e le potremmo sintetizzare nell’elenco sotto riportato:

-Nuovi concetti normativi legati al concetto di “responsabilità” e “accidentalità”,

-Implicazioni etiche riguardo alle “scelte” operate dai veicoli in caso di sinistro,

-Modificazione sostanziale della “popolazione” delle auto circolanti con diminuzione del numero dei veicoli,

-Aumento del valore medio per vettura per effetto della dotazione tecnologica necessaria a supportare i sistemi di guida autonoma,

-Aumento del numero di mezzi condivisi o non di proprietà degli utilizzatori con conseguente diminuzione del numero dei “centri decisionali” di acquisto delle polizze,

-Rivoluzione del mercato assicurativo (e delle reti distributive) connesso alla Responsabilità civile per i veicoli posti in circolazione.

L’R.c.auto per quanto mi riguarda è un “male necessario” (spesso anche per gli assicuratori) derivante dal fatto che la mobilità dell’ultimo secolo è stata basata su sistemi di guida umani e veicoli “imprecisi ed inaffidabili” che hanno funto da traino per l’economia industriale del ‘900 ma come effetto collaterale hanno estinto porzioni importanti della popolazione (considerando i danni diretti e quelli indiretti da inquinamento) e generato danni al patrimonio collettivo superiori a quelli delle due guerre mondiali sommate tra di loro

Nel futuro le auto a guida autonoma al contrario delle loro “genitrici” saranno“precise ma imperfette”; un grande passo in avanti, tale da rendermi fiducioso sulla possibile fine della R.c.auto come la conosciamo (e la vendiamo) oggi.

Al lavoro con HAL9000 alla guida

I sistemi a guida autonoma in via ipotetica saranno “infallibili ma imperfetti”, ciò significa che in mancanza di disfunzioni il sistema si comporterà sempre nel miglior modo auspicato possibile; quale sia questo “miglior modo auspicato possibile” è ancora da definire in qualche misura; solo oggi iniziamo infatti ad affrontare temi fino a ieri toccati solo dai “futurologi” come quello della “responsabilità giuridica afferente le macchine” o i “dilemmi etici connessi con le scelte operati di sistemi di guida del veicolo”.

Volvo ha deciso di togliere la questione dal campo “pubblico” annunciando che si farà carico della responsabilità derivante dai danni (diretti e indiretti?) causati da disfunzioni dei sistemi delle proprie vetture ma non è detto che questa posizione venga mantenuta anche in situazioni di mercato maturo e non è peraltro certo che sia sempre giuridicamente sostenibile; gli altri costruttori poi non paiono ancora essersi pronunciati a riguardo.

Poniamo ad esempio che il veicolo si trovi in una situazione di impossibilità ad evitare un impatto ma possa “decidere” il “bersaglio” col quale impatterà; per effettuare la scelta il sistema dovrà essere in grado di valutare tra i tanti anche due elementi “umanamente rilevanti” come “la direttrice che avrà minor effetto dannoso verso l’esterno” e “la soluzione maggiormente tutelante per gli occupanti del mezzo”; riguardo ai danni arrecati a terzi ovviamente dovrà essere sempre privilegiato il tipo di impatto che arreca il minor danno possibile ma qui iniziano i problemi, infatti i programmatori dovranno prendersi l’onere di “pesare” i danni da sinistro collisione assegnando loro un valore per ognuno ed ordinandoli in una scala ascendente del tipo seguente:

-Una struttura deformabile infrastrutturale vale meno di un veicolo

-Un veicolo fermo fuori della sede stradale (probabilmente vuoto) vale meno di uno in circolazione (probabilmente “abitato”)

-Qualunque veicolo vale meno di un pedone

-Un pedone vale meno di due pedoni

-La tutela dell’ occupante viene prima di ogni altra considerazione………. oppure no ?

potremmo continuare con questa scala espandendo l’albero delle possibilità all’ infinito, ciò che ne deriverebbe sarebbe una “scala dei valori” del sistema di guida che tuttavia per quanto espansa ci esporrebbe alla possibilità che la vettura in caso di situazione critica “scegliesse” una opzione che moralmente non siamo disposti ad accettare come “migliore”

Il dilemma apparentemente non ha soluzione e l’idea di dovere “insegnare” a un computer che colpire un pedone è meglio che colpirne due potrebbe spaventare tuttavia prima di trarre delle conclusioni è necessario pensare al presente;

Lo status quo

ad oggi la totalità delle vetture è condotta da uomini con la conseguenza che il tasso di sinistrosità è catastroficamente alto, peraltro in casi di estremo pericolo manifestatisi in modo repentino e inatteso come i sinistri stradali non vi è nessuna garanzia che l’automobilista effettui la scelta etica socialmente “migliore”, e non è questione di essere buoni o cattivi individui, l’istinto di sopravvivenza e le reazioni automatiche connesse implicano che il 90% delle volte la risposta del conducente è totalmente involontaria e dettata da aree del cervello “non morali”, ne consegue che a prescindere dai giudizi di valore, l’introduzione di sistemi che abbattano del 90% gli incidenti (e quindi i danni collaterali compresi feriti e morti) è sempre auspicabile rispetto allo status quo.

Aspetti da non sottovalutare

Oltre quanto sopra ci sono due aspetti che non possono essere dimenticati,

A) Il dilemma della “moralità” delle macchine riduce di molto la propria portata etica se pensiamo che i veicoli ad auto-guida avranno sempre l’assistenza in tempo reale di un umano sul veicolo che potrà intervenire in tempo reale per “correggere” ogni scelta, i veicoli dei prossimi 20 anni non avranno abitacoli completamente isolati dall’esterno e saranno dotati di volante e comandi che non appena azionati disattiveranno la guida autonoma; in questo senso possiamo dire che la “guida autonoma” sarà di ausilio agli utenti permettendo loro di interagire meglio e di più con i sistemi di connessione di bordo ma l’uomo manterrà comunque la supervisione rimanendo libero di fare tutte le pessime scelte che solitamente è solito fare al volante; il valore dei sistemi “intelligenti” sarà quello di alleggerire (di molto) l’esito nefasto delle disattenzioni e cattive abitudini dei conducenti.

B) Un ulteriore importantissimo aspetto è dato dalla considerazione che oggi il sistema viario è “figlio” di 120 anni di traffico a matrice di guida puramente umana, l’essere umano è altamente adattivo ma altrettanto “derogante”, questo ha fatto si che le strade siano giunte dappertutto e il traffico pedonale e ciclabile sia stato schiacciato in spazi angusti, marginali e pericolosi perché spesso condivisi con quelli dove transitano autovetture o (peggio) autocarri pesanti.

La viabilità del futuro se gestita tramite veicoli a guida autonoma sarà completamente differente; più ordinata, meno numerosa, maggiormente efficiente; necessiterà di molto meno spazio (non ci saranno gli ingorghi, le file e le code grazie ai sistemi adattivi che metteranno in connessione le auto tra di loro adeguando i percorsi in base alla congestione del sistema viario); è facile immaginare quindi che gli spazi liberati potranno essere rioccupati e destinati al traffico pedonale e ciclabile che quindi potranno godere di nuove infrastrutture dedicate in esclusiva e precluse al traffico veicolare “pesante”;

è ipotizzabile che nell’arco di 40 anni il dilemma “meglio schiacciare un pedone o due pedoni?” sarà pressoché ininfluente ai fini della programmazione del sistema di autoguida in quanto i pedoni non intersecheranno più le strade ove si muovono i veicoli.

In un certo senso attraversare una strada diventerà come oggi attraversare i binari del treno, una azione rara che non porta alcun vantaggio a chi la compie ed attuata solo da chi abbia istinti suicidi.

Le polizze assicurative

In uno scenario come quello sopra credo che il concetto di responsabilità civile della circolazione avulso dal contesto complessivo rimarrà marginale anche se continueremo a rispondere dei danni causati dai nostri veicoli per “qualsiasi causa” in quanto proprietari del bene.

E’ ipotizzabile che in tempi ragionevoli stante la diminuzione dell’interferenza umana sulla guida dei veicoli (e il relativo crollo dei sinistri) e il venire a mancare di una responsabilità diretta del conducente in molti incidenti le coperture che oggi chiamiamo R.c.auto saranno inglobate e fuse con la “R.c.vita privata” per generare nuove forme assicurative di “Responsabilità Civile Generale dell’ individuo” a copertura dei danni diretti e indiretti causati delle cose di cui ognuno debba rispondere (in esse confluiranno anche le coperture per danni relativi alla proprietà e gestione di tutti gli oggetti connessi di cui disponiamo compresi gli elettrodomestici);

quanto alle garanzie C.V.T., esse diverranno sempre più importanti stante la maggior complessità (e prezzo medio) dei veicoli; in questo caso, una volta persa la naturale contiguità delle C.V.T. con la polizza R.c.auto è ipotizzabile che esse possano confluire in una polizza Omnia per la tutela dei beni fisici di dell’ individuo (o dell’ azienda); quindi il futuro potrebbe riservarci la convergenza delle R.c.auto e R.c.vita privata/R.c.attività (per le aziende) e quella della Polizza della Casa/Azienda con i C.V.T.

Ma non è finita; veicoli complessi implicheranno costi unitari alti a fronte dei quali si svilupperanno nuove forme di possesso dei beni, dal noleggio a lungo termine, al car sharing, al pay per use, al veicolo condiviso; in tutti questi casi gli utenti avranno esigenza di coprirsi dal rischio “guasto” e “perdita di mobilità”;

i privati infatti svilupperanno domanda verso forme di noleggio a lungo termine generando pressione tra i competitor che per abbassare i prezzi dei canoni predisporranno forme di noleggio in cui le manutenzioni e i guasti non sono compresi; il ricorso alle polizze “guasto” diverrà quindi pressoché indispensabile; analogo discorso varrà per i leasing (che già oggi in genere non forniscono nel canone servizi di sostituzione veicolo o parti meccaniche in caso di guasto).

Se il portafoglio prodotti delle agenzie verrà pesantemente rimodulato anche le abitudini di acquisto degli utenti muteranno profondamente, meno veicoli di proprietà significherà immancabilmente una maggior concentrazione della proprietà dei mezzi in capo a un dato numero di “gestori di flotte” con conseguente assottigliamento del numero di “decisori di acquisto” delle polizze stesse; è ragionevole pensare quindi che le agenzie meno strutturate e specializzate potranno andare in difficoltà.

Un aiuto alle reti distributive potrà venire dalle decisioni di indirizzo che verranno prese dalla Compagnie, se infatti in tempi brevi si desse il via al “merger” tra le coperture -Auto e R.c.vita privata- e -C.V.T. e Beni di proprietà-diverrebbe più complesso per chiunque saltare la filiera distributiva esistente; al contrario lasciare i rischi Circolazione e C.V.T. scorporati dalle garanzie della tutela del patrimonio personale degli utenti esporrebbe le reti e le Compagnie a rischi che andranno bene analizzati perché il mercato sarebbe gestito dai big spender gestori di flotte con dinamiche difficilmente (o fin troppo prevedibili) prevedibili.

Antonio Fierro

Insieme 2015